Crescere un bambino senza traumi: i momenti più delicati da 0 a 12 mesi
Il trauma dell’abbandono e del distacco
Si tratta in assoluto del primo evento doloroso per un bambino di età compresa tra 0 e 12 mesi. Si manifesta al momento del parto, quando il neonato smette di essere un’unica “entità” con la mamma e si ritrova catapultato all’esterno, manifestando lo shock con un forte pianto, placato soltanto dal contatto con la mamma ed il calore del suo corpo.
I primi mesi di vita sono fondamentali per fare in modo che il bambino possa crescere instaurando un rapporto sano e sereno con il mondo che lo circonda. La mamma dovrà fare in modo di far vivere serenamente il neonato con gli altri, senza far percepire l’ansia o l’agitazione al piccolo nel momento di un distacco. Intorno all’ottavo mese, il bimbo comincia a riconoscere e distinguere i volti degli altri, creando un proprio “legame di attaccamento sicuro”.
Non vedere le figure di riferimento per lui può essere una sorta di trauma perché si sentirà abbandonato e penserà che chi si prende cura di lui non tornerà. Il pianto di un bambino nel primo anno di vita non deve essere sottovalutato né visto come un capriccio ma occorre essere attenti a capire la causa scatenante e avere la consapevolezza che un’azione per un adulto semplice e di routine possa essere percepita come un turbamento molto forte per un neonato.
Traumi legati allo svezzamento del neonato
Pensando allo svezzamento vengono immediatamente in mente scene con bimbi che strillano e rifiutano il cibo, genitori e mamme in ansia, preoccupazioni e paure di ogni genere ed altri problemi a non finire. In realtà questa fase non sempre viene vissuta così. Il passaggio dall’allattamento all’alimentazione semi-solida e solida può avvenire in maniera serena e decisamente poco traumatica.
Tuttavia, se si presentano delle difficoltà è opportuno sapere che non si tratta di nulla di particolarmente strano, perché il bambino sta vivendo un altro forte distacco (dopo quello del parto) da sua mamma ma, come è stato superato il primo, potrà essere affrontato anche questo. A differenza di quello del parto, però, il distacco da allattamento rappresenta una separazione “più grande” proprio perché il bambino vive l’allattamento come una sorta di proseguimento naturale all’interno della pancia della mamma segnando quindi un distacco per certi versi più definitivo del primo.
Lo svezzamento rappresenta una separazione fondamentale, andando anche ad anticipare altri allontanamenti importanti che caratterizzeranno la crescita del bambino (il distacco dal ciuccio, dal pannolino, da casa quando si comincerà la scuola dell’infanzia, e così via). Dei piccoli grandi problemi saranno inevitabili, perché l’allattamento (e quindi lo svezzamento) non sono una mera questione nutrizionale, ma coinvolgono una serie di equilibri e componenti a livello psico-emotivo.
Mediante l’allattamento al seno la mamma ed il suo bimbo sono stati legati da un rapporto speciale fatto di contatto visivo e vicinanza. Con l’introduzione di nuovi alimenti questo legame verrà necessariamente modificato e sarà alterato. Lo svezzamento non cambia soltanto il rapporto mamma-bambino ma anche cosa verrà mangiato, come verrà mangiato (con posate o mani) e dove si mangerà (seduti sul seggiolone e non più in braccio).
Tutti questi cambiamenti piuttosto repentini rappresentano il primo piccolo passo verso l’autonomia del bambino, che però percepirà tutto come una “perdita” e quindi potrebbe subire una specie di trauma. Il piccolo potrebbe vivere lo svezzamento come la fine di quel piacere soddisfacente provato durante l’allattamento, sentendosi anche spaesato con i nuovi sapori, consistenze e regole diverse da prima. Tuttavia, lo svezzamento rappresenta una fase delicata anche per la mamma, accompagnata dalla nostalgia di una fase che non tornerà più ma che sarà soltanto la prima di una lunga serie.
Superare serenamente la fase dello svezzamento
La prima cosa da fare per rendere meno traumatico possibile il distacco post-allattamento è aspettare il momento giusto, non soltanto per il bambino, ma anche per la mamma. Ciò vuol dire rispettare totalmente i tempi dello sviluppo psico-fisico del piccolo.
Arriverà, infatti, un momento in cui il bimbo si staccherà dalla mamma iniziando magari a non attaccarsi più al seno (o al biberon) per mangiare ma soltanto per giocare o mordicchiare. Inoltre, un altro segnale è dettato dalla curiosità verso altri oggetti che iniziano ad essere “esplorati” mettendoli in bocca per assaggiarli. In questo momento è possibili iniziare a provare a dare qualcosa di diverso da mangiare. Dall’altra parte, anche la mamma deve trovare il momento adatto per separarsi dal bambino e procedere con lo svezzamento. I primi assaggi della “pappa nuova” devono avvenire in un ambiente tranquillo, con un clima sereno e fatti percepire come qualcosa di divertente e positivo.
Questo atteggiamento consente al piccolo di aprirsi in modo fiducioso verso l’esperienza nuova e sconosciuta, influenzando poi anche il suo comportamento nei confronti del mondo negli anni che verranno. Se la mamma per prima vive male lo svezzamento finirà per trasmettere al suo bambino i sentimenti negativi (ad esempio temendo che il piccolo possa strozzarsi o con l’ansia che non mangi ed inizi a piangere) vuol dire che ancora non si sente pronta a compiere questo passo ed è meglio aspettare ancora un po’.
Un’altra indicazione importante è quella di non tornare indietro appena si presenta il primo rifiuto o la prima difficoltà. Se viene capito che i tempi sono sbagliati e che il bambino non è effettivamente pronto si può riprovare dopo un po’, ma se invece si è di fronte a riluttanze normali, dovute alla novità è opportuno continuare ad insistere.
Ovviamente non bisogna assolutamente forzare il bimbo a mangiare, ma continuare a proporre il nuovo cibo in modo costante. Le variabili da sperimentare per il neonato sono tantissime: sapori, consistenze, cucchiaini di vario materiale e quindi per forza di cose sono necessari alcuni giorni per conoscere meglio le preferenze del bimbo.
Il momento del pasto non deve trasformarsi né in una sessione di gioco né in una “lotta”. Rincorrere il bambino con il cucchiaino, proporre infinita varietà di cibo oppure ricorrere a video, giochi ed altri intrattenimenti sono tutti comportamenti fortemente sconsigliati. Innescando questi meccanismi, si rischia che il piccolo impari ad usare il bimbo come metodo per attirare l’attenzione, finendo per compromettere il suo rapporto con i pasti e con le cose da mangiare.